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“Ci sono donne… E poi ci sono le Donne Donne …” Alda Merini.

Progetto realizzato da Maura Sala e Valter Merazzi, con il contributo dell’Anppia

Questo lavoro è dedicato alle Donne che vivono in tutto il mondo con profonda angoscia il presente e il futuro, subendo imposizioni di ogni genere e rischiando la vita. Anche nel nostro paese i pieni diritti sono ancora da acquisire e donne calpestate devono difendersi dalla violenza e dai pregiudizi di genere.

Voci femminili nel buio della guerra nazifascista” è una selezione di sequenze di dieci video testimonianze. Sono racconti di Donne da ascoltare con il cuore, perché è questo che ci mostrano con grande semplicità, leggerezza e dignità.

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Differenti per età e contesto, queste ragazze del secolo scorso sono state protagoniste del loro destino e hanno compiuto una scelta o dovuto reagire agli eventi in tempi in cui il pericolo era quotidiano, costrette a “costruirsi un coraggio”, come dice Giovanna Marturano.

Il progetto  si propone come sussidio didattico per i docenti delle scuole di ogni ordine e grado per due motivi.

Il primo sembrerebbe ovvio e scontato: offrendo uno spaccato delle condizioni in cui vissero e operarono consapevolmente ragazze e giovani donne sotto il regime fascista e durante l’occupazione tedesca in Italia ed Europa, stimola al confronto immediato tra passato/presente e spinge alla testimonianza come esigenza di lasciare traccia di sé e del proprio vissuto, se ritenuto significativo per le generazioni future.

Ma oggi cosa è significativo per i giovani? Che idea di libertà si rappresentano? Per cosa varrebbe la pena di resistere e combattere?

Il secondo, a nostro avviso più decisivo sul piano della didattica della storia, consiste nel superamento di quell’identificazione ancora troppo forte nel mondo scolastico, tra deportazione e Olocausto per cui a causa della scarsa conoscenza della Legge che ha istituito il Giorno della Memoria, si ritiene di lavorare solo sulla persecuzione e lo sterminio del popolo ebraico.

Il video offre invece quell’ampia panoramica, limitatissima se non assente anche nei manuali scolastici, che aiuta gli studenti a capire che deportazioni, persecuzioni, torture, stragi e violenze, come manifestazione assoluta del male nel Novecento, riguardarono milioni di prigionieri militari e civili e impegnò il coraggio delle donne nel combatterlo.

Paola Rosiello, Maura Sala

 Giovanna Marturano –  Roma, 1912

Antifascista. “La vita è lotta, se non si lotta non si vive, si vegeta”

La testimonianza di Giovanna ripercorre la fiera opposizione al fascismo di una famiglia colpita da arresti, condanne, confino. Forte è il legame che la unisce alla madre, donna libera e pugnace. Nel 1941 Giovanna si sposa con Pietro Grifone, confinato a Ventotene.

Dopo la caduta del fascismo è con lui nella Resistenza romana, dove opera nel comitato di iniziativa femminile del partito comunista.

Minuta nel fisico, tenace nello spirito, alle parole preferisce l’azione. La militanza attiva nel partito e nelle battaglie per l’emancipazione femminile ha orientato la sua intera lunga esistenza.

Ines Figini  – Como, 1922

La deportazione ad Auschwitz e Ravensbrueck

Deportata in seguito allo sciopero del 6 marzo 1944 alla tintoria Comense di Como, ricorda i compagni di fabbrica deceduti a Mauthasen e Gusen.

Il suo è il racconto di una giovane incredula di fronte alle atrocità del campo di sterminio. Un fisico allenato, la fede e un forte spirito le consentirono di sopravvivere. Nell’anima e sulla pelle sono rimasti i segni di quanto da lei vissuto a Mauthausen, Auschwitz Birkenau e Ravensbrück. Questo non le ha impedito di vivere una vita piena.

“Io ho perdonato: l’odio ti va alla testa è una cosa tremenda, ti consuma”.

Ida Desandré – Saint-Christophe (AO), 1922

La denuncia della condizione della donna nei campi di sterminio.

Orfana dei genitori, Ida è una persona semplice che in fabbrica prende coscienza della propria condizione. Deportata con il marito per aver aiutato i partigiani, viene destinata a Ravensbrück, il Lager delle donne, a Salzgitter, al lavoro schiavistico in una fabbrica bellica e infine trasferita a Bergen Belsen.

Con emozione rievoca le pesanti umiliazioni, la disumanità e l’orrore che non può dimenticare.

Ha saputo trasformare il dolore in testimonianza attiva, rivendicando diritti e il riconoscimento del vissuto delle donne nella Resistenza e nei campi di sterminio.

Lidia Menapace –  Novara, 1924

Partigiana sempre.

Cresce in una famiglia antifascista. Il padre è un ufficiale di complemento deportato dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943. Lidia entra nella Resistenza tramite la Fuci e opera come staffetta con il Cln di Novara fino alla Liberazione.

Ha affrontato la vita e l’impegno politico con spirito laico e critico, con leggerezza e ironia. E’stata un punto di riferimento nelle lotte femministe e per la pace. Si è spesa per sanare il debito morale del Paese verso gli Internati Militari Italiani “traditi, disprezzati e dimenticati”.

Ina Hevach – Odessa (Urss), 1925

Lavoratrice coatta nel Reich.

Ina, studentessa delle magistrali racconta l’occupazione tedesca e italiana dell’Ucraina nell’estate 1941. Testimone dello sterminio ebraico e delle miserevoli condizioni della popolazione è deportata nel Reich come lavoratrice coatta al servizio di un ufficiale tedesco e successivamente è trasferita in Austria nelle ferrovie.

Qui conosce un Internato Militare Italiano e dopo il matrimonio lo segue in Italia, dove sconta, in epoca di guerra fredda, le difficoltà della lingua e i pregiudizi di una comunità povera e chiusa.

Anna Sacerdoti – Milano, 1925

La salvezza in Svizzera di una famiglia ebrea.

Anna, cresciuta con gli insegnamenti di un padre antifascista, racconta le vicissitudini di una famiglia ebraica non osservante colpita dalle leggi razziali e dalla guerra. Dopo l’occupazione tedesca, solo al secondo tentativo, i Sacerdoti raggiungono clandestinamente la salvezza in Svizzera. La famiglia viene separata; Anna assiste i fratelli minori e si avvicina ai fuorusciti italiani del partito Comunista.

Nel dopoguerra prosegue la sua attività nel partito e anima la vita culturale comasca. Donna determinata e caparbia, ritorna sui banchi di scuola e consegue la maturità scientifica a 66 anni.

Vilma Conti –  Dongo (Como) , 1929

La Resistenza a Dongo, la cattura di Mussolini, la fucilazione dei gerarchi

La famiglia Conti gestisce una locanda all’entrata della fonderia Falck, la maggiore fabbrica dell’alto lago e dopo l’8 settembre assiste i partigiani di Dongo e il comando della 52a brigata Garibaldi, collocato appena sopra il paese.

Vilma collabora con la Resistenza ed è testimone della cattura di Mussolini e della fucilazione nella piazza di Dongo di sedici fra ministri e alti funzionari della Rsi il 28 aprile 1945.

Emma Marklstorfer Bauer –  Bircl (Monaco di Baviera), 1929

La persecuzione dei Testimoni di Geova.

Emma nasce in una famiglia perseguitata dai nazisti nella cattolicissima Baviera.

La sua è una storia di emarginazione e minacce. Il padre allo scoppio della guerra viene rinchiuso in un campo di concentramento a Berlino.

La fede dei genitori ha orientato il suo percorso di vita. Nel dopoguerra si sposa con Enrico Bauer che, come molti altoatesini, aveva optato per la cittadinanza tedesca e prestato servizio nella Wehrmacht.

Giovanna Carbonoli – Como, 1929

La deportazione del padre e la mancanza di Memoria pubblica.

Giovanna è una studentessa delle Magistrali, figlia di un operaio antifascista deportato in seguito allo sciopero del 6 marzo 1944 alla tintoria Castagna di Como e morto a Gusen.

La fine della guerra non porta sollievo alla famiglia isolata nel suo dolore. Nel dopoguerra, a seguito della morte precoce della madre, Giovanna si dedica ai fratelli minori e si afferma nel campo del design di tessuti nello studio della pittrice Carla Badiali.

Il forte legame e lo struggente ricordo degli incontri in un carcere cittadino, hanno alimentato la sua voglia di conoscere i luoghi della tragica fine del padre.

Curti Giuseppina – Vignate (MB), 1942

La necessità di comprendere e di coltivare Memoria.

Pinuccia Curti ha ricostruito con determinazione le vicende del suocero Francesco Gervasoni, deportato con altri operai in seguito allo sciopero del 23 novembre 1944 alla Pirelli Bicocca di Sesto San Giovanni e deceduto a Kahla il 27 febbraio 1945.

La sua testimonianza è il messaggio di una donna che non accetta la disattenzione pubblica e della storiografia verso la deportazione nel Terzo Reich di civili e IMI, un capitolo colpevolmente rimosso.

Voci femminili nel buio della guerra nazifascista

A cura di: Valter Merazzi e Maura Sala

Riprese: Francesco Merazzi, Valter Merazzi, Thomas Radigk,  Massimo Rossi, Massimiliano Torrengo.

Musica: Giona Vinti

Editing video: Francesco Merazzi.

Pubblicazione sul web: Micaela Vinci; Produzione: Maurizio Galli.

Trascrizioni integrali: Maura Sala, con Anna Galimberti, Angela Galimberti, Roberta Gibertoni, Anna Menci, Anna Molteni, Daniela Poncia, Silvana Parravicini, Beatrice Rumi.

Ringraziamo per le fotografie: Stefano Bauer e Emma Marklstorfer, Novella Benedetti, Paolo Benenti, Simone Celani, Roberto Contardo, Luciano D’Onofrio (Cinefonie), Luca Mandrile (Todomodo), Andrea Spinoni, Istituto Storico della Resistenza in Val d’Aosta, Ufficio stampa Testimoni di Geova.

Per informazioni:  Valter Merazzi, tel. 320.22461195 – info@schiavidihitler.it. – www.schiavidihitler.org

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