Ginzburg Leone
Nato a Odessa (Russia) il 4.4.1909
Residente a Torino, docente universitario, antifascista. Di precoce intelletto, è studioso di letterature moderne e subito dopo la laurea ottiene la libera docenza.
Estromesso dall’insegnamento poiché si rifiuta di giurare fedeltà al regime, è arrestato il 13.3.1934 in quanto “è l’anima del movimento Giustizia e libertà a Torino”.
Deferito al Tribunale Speciale, è condannato il 6.11.1934 a 4 anni di reclusione, di cui 2 anni condonati. Liberato il 13.5.1936 dal penitenziario di Civitavecchia, continua a svolgere attività antifascista.
Partecipò allo storico gruppo di intellettuali di area socialista e radical-liberale (tra gli altri, Norberto Bobbio, Vittorio Foa, Cesare Pavese, Carlo Levi, Elio Vittorini, Massimo Mila, Luigi Salvatorelli) che collaborarono alla nascita a Torino della casa editrice Einaudi.
Si sposa nel ’38 e lo stesso anno, a causa delle leggi razziali, perde la cittadinanza italiana. Quando, nel 1940, l’Italia entra nel conflitto, Ginzburg è arrestato e confinato, come “internato civile di guerra” in Abruzzo, a Pizzoli.
Tornato libero, è tra gli organizzatori del Partito d’azione a Roma e delle formazioni partigiane di Giustizia e Libertà.
Lavora alla sede romana dell’Einaudi e, durante l’occupazione, adotta il nome di copertura di Leonida Gianturco. Dirige Italia Libera, giornale del Partito d’Azione.
Il 19.11.1943 è sorpreso dalla polizia nella tipografia clandestina del giornale. Rinchiuso a Regina Coeli, è ridotto in fin di vita dalle torture e dai disagi del carcere: qui muore il 5.2.1944.
IL 4 febbraio scriveva l’ultima lettera alla moglie che qui , in parte,riportiamo:
Natalia cara,
ogni volta spero che non sia l’ultima lettera che ti scrivo, prima della partenza o in genere; e così è anche oggi. Bisogna continuare a sperare che finiremo col rivederci, e tante emozioni si comporranno e si smorzeranno nel ricordo, formando di sé un tutto diventato sopportabile e coerente. Una delle cose che più mi addolora è la facilità con cui le persone intorno a me (e qualche volta io stesso) perdono il gusto dei problemi generali dinanzi al pericolo personale. La mia aspirazione è che tu normalizzi, appena ti sia possibile, la tua esistenza; che tu lavori e scriva e sia utile agli altri. Questi consigli ti parranno facili e irritanti; invece sono il miglior frutto della mia tenerezza e del mio senso di responsabilità. Attraverso la creazione artistica ti libererai delle troppe lacrime che ti fanno groppo dentro; attraverso l’attività sociale, qualunque essa sia, rimarrai vicina al mondo delle altre persone. A ogni modo, avere i bambini significherà per te avere una grande riserva di forza a tua disposizione. Rivedere facce amiche, in questi giorni, mi ha grandemente eccitato in principio, come puoi immaginare. Adesso l’esistenza si viene di nuovo normalizzando, in attesa che muti più radicalmente. Ho ripensato, in questi ultimi tempi, alla nostra vita comune. L’unico nostro nemico (ho concluso) era la mia paura. Le volte che io, per qualche ragione, ero assalito dalla paura, concentravo talmente tutte le mie facoltà a vincerla e non venir meno al mio dovere, che non rimaneva nessun’altra forma di vitalità in me. Non è così? Se e quando ci ritroveremo, io sarò liberato dalla paura, e neppure queste zone opache esisteranno più nella nostra vita comune. Non ti preoccupare troppo per me. Immagina che io sia un prigioniero di guerra; ce ne sono tanti, soprattutto in questa guerra; e nella stragrande maggioranza torneranno. Auguriamoci di essere nel maggior numero, non è vero, Natalia?
Sii coraggiosa.
Leone