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Sasdelli Dino

Sasdelli Dino

Nato a Medicina (Bo) il 25.1.1906.

Operaio, comunista. Si iscrive giovanissimo (1922) al Partito Comunista d’Italia. Le conseguenti persecuzioni fasciste lo costringono prima a rifugiarsi a Roma, poi a espatriare clandestinamente oltralpe.

Espulso dalla Francia nel 1925 per attività politica, torna in Italia e presta servizio militare nel corpo di Artiglieria di Piacenza fino al settembre 1927. L’anno successivo si trasferisce a Milano, dove viene subito arrestato nell’ambito delle indagini relative all’attentato alla Fiera campionaria (meglio noto come strage di piazza Giulio Cesare) e deferito al Tribunale speciale; il 18 settembre ottiene tuttavia il proscioglimento in istruttoria per “insufficienza di indizi per il reato di appartenenza al partito comunista”.

Il 22 marzo 1933 subisce un nuovo arresto, con l’accusa di “Associazione e propaganda comunista”, ed un nuovo rinvio a giudizio davanti allo stesso Tribunale, che il 2 febbraio 1934 lo condanna a quattro anni di reclusione e due di libertà vigilata per “Cospirazione politica mediante accordo e propaganda”. Rinchiuso nel carcere di Civitavecchia, vi rimane sino al 15 novembre 1935, beneficiando di una riduzione della pena.

Negli anni successivi il regime opera una stretta sorveglianza nei suoi confronti, intervallata da numerosi arresti, fino al 5 novembre 1940, data della sua radiazione dall’elenco dei sovversivi.

Dopo l’armistizio di Cassibile e l’occupazione tedesca di Bologna abbandona la fabbrica nella quale prestava servizio come tornitore per entrare in clandestinità, militando nei GAP (Gruppi di Azione Patriottica) e nelle SAP (Squadre di Azione Patriottica) del capoluogo emiliano. Il 9 agosto 1944, inquadrato nella settima brigata “Gianni Garibaldi”, partecipa all’organizzazione del fortunato assalto al penitenziario di San Giovanni in Monte, che porta alla liberazione di 340 detenuti fra politici e comuni. Tradito da un compagno di lotta che, sotto tortura, fa il suo nome, cade nelle mani delle Brigate nere il 5 febbraio 1945.

All’interno della tristemente nota facoltà di Ingegneria di porta Saragozza i fascisti lo sottopongono ad atroci sevizie ma, non riuscendo a fargli confessare alcunché, lo consegnano alle SS; anche in questo caso gli interrogatori non sortiscono effetto, tanto che le autorità germaniche ne decidono il primo marzo la scarcerazione per insufficienza di prove.

Partecipa in seguito alla Liberazione, vedendosi riconosciuto il grado di capitano partigiano.

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