Descrizione
Arturo Ferraris (1902-1985) nasce a Casale Monferrato da famiglia proletaria ed inizia a lavorare a tredici anni come apprendista battimazza forgiatore in una piccola officina. Nel 1917 a Torino, entra alla Fiat San Giorgio poi Grandi Motori e seguendo le scuole tecniche diventa operaio specializzato di prima categoria.
Partecipa giovanissimo alla rivolta del 1917, prende parte all’occupazione delle fabbriche del 1920 e all’elaborazione dei Consigli. Vive l’esperienza dell’Ordine Nuovo nel Fascio giovanile socialista in Barriera di Milano entrando a contatto con Gramsci, Terracini, Tasca, l’anarchico Garino.
Nel 1921 aderisce al PCd’I impegnandosi nell’Esecutivo giovanile come segretario dell’interregionale comunista e negli organismi di fabbrica.
Nel marzo del 1927 viene processato al Tribunale Speciale e assolto. Nuovamente arrestato e processato nel settembre del 1930, viene prosciolto per insufficienza di prove.
Nel 1931 il regime fascista lo include nel 4° elenco delle persone pericolose e nello stesso anno subisce 16 arresti preventivi. Tenta allora l’espatrio, ma fermato alla frontiera dalla milizia, viene nuovamente processato e condannato a due anni di carcere.
Snervato da continui arresti, carcerazioni e processi e dal pensiero della madre malata abbandonata a se stessa, nel 1932 sottoscrive una lettera di sottomissione al regime. Mentre è in attesa del ricorso in appello, è prosciolto in seguito all’amnistia generale concessa da Mussolini per il decennale e, pur continuando a subire le carcerazioni preventive, viene declassato da “comunista” a “sovversivo”.
L’attivismo politico prosegue all’interno della Grandi Motori tra i compagni d’officina e nel 1936 lo vede impegnato nella “Vertenza dei due torni” che, seppur riguardante l’organizzazione tecnica del lavoro, diventa lotta sindacale, interpretata in chiave antifascista.
Durante il periodo della Resistenza, ai disagi della guerra che rendono la vita difficile, si aggiungono le incomprensioni nel partito che sfociano nella sua espulsione, nel 1944. Nel 1945 viene subito riabilitato grazie all’ intervento dei suoi compagni d’officina, ma rimarranno le divergenze, soprattutto per le sue critiche allo stalinismo e per la sua ostinata difesa delle Commissioni interne dalle cellule e dal partito.
Nel 1976 ha deciso di raccontare minuziosamente le vicende di cui era stato protagonista, perché voleva dare un esempio “di storia non addomesticata” e mostrare che “è la pesante catena del salario che spinge alla rivolta gli operai e che questi combattono per la libertà e la gestione politica soltanto in quanto combattono per una eguaglianza economica e sociale”.
Non ha mai voluto scrivere nulla sugli anni del dopoguerra, per lui troppo dolorosi, perché “ne aveva abbastanza di fraterne persecuzioni”, tuttavia materiali di documentazione e testimonianza tra i suoi compagni di fabbrica e di partito sono stati raccolti dalla storica Liliana Lanzardo nel volume Personalità operaia e coscienza di classe – Comunisti e cattolici nelle fabbriche torinesi del dopoguerra, ediz. Franco Angeli, 1989.
Presso l’Istituto storico della Resistenza in Piemonte sono anche depositati documenti che Arturo Ferraris ha affidato a Liliana Lanzardo sulla sua attività nel dopoguerra, relativi alla fabbrica, al suo impegno sindacale e all’intervento politico.