Barbieri Francesco
Nato a Briatico (Catanzaro) il 14 dicembre 1895, si diploma in un istituto agrario con la qualifica di agrimensore. Nel 1914 decide di partire alla volta dell’Argentina in cerca di lavoro. Tuttavia, lo scoppio del primo conflitto mondiale e la successiva entrata in guerra dell’Italia lo spingono ad abbandonare il Sudamerica e a partire volontario per il fronte, ove milita nei gruppi d’assalto ricevendo due ferite ed una medaglia al valor militare.
Dopo l’armistizio fa ritorno in Calabria stabilendosi nella località di Zambrone e dedicandosi ad attività agricole all’interno di cooperative, in accordo con gli ideali libertari che già da qualche tempo va professando. L’acuirsi dei dissidi che da tempo lo contrappongono al movimento fascista locale è all’origine, nel 1922, di un nuovo tentativo migratorio, ancora una volta con destinazione Buenos Aires.
Nella capitale platense si lega in maniera più organica al movimento anarchico locale, stringendo amicizia e collaborando attivamente con elementi di spicco quali Severino Di Giovanni ed i celebri Francisco Ascaso e Buenaventura Durruti, in trasferta in America Latina. In questo periodo, inizia a dedicarsi alla fabbricazione di ordigni esplosivi.
Le reazioni della polizia non si fanno attendere e sono tali da costringerlo a rifugiarsi prima in Uruguay, poi in Brasile, tentando inutilmente di sfuggire alla cattura. Nel 1928 subisce l’arresto a Rio de Janeiro ed il conseguente rimpatrio forzato.
Barbieri non ha precedenti penali in Italia e, dopo una detenzione di circa quaranta giorni nel carcere genovese di Marassi, le autorità di Pubblica Sicurezza sono obbligate a rilasciarlo. Viene sottoposto, come di consueto nel periodo fascista (e non solo), ad un’attenta vigilanza che, unita al clima repressivo fattosi ormai intollerabile, lo costringe in breve ad un nuovo espatrio, questa volta clandestino, in direzione della Francia.
Le sue disavventure sono tuttavia ben lungi dall’essere terminate: il periodo successivo vede un susseguirsi di peripezie giudiziarie, condite di arresti ed espulsioni, a Tolone come a Barcellona e in Svizzera. L’unica nota positiva è rappresentata dal soggiorno a Ginevra, città in cui stringe amicizia con il professor André Oltramare e si lega sentimentalmente a Fosca Corsinovi.
Nell’estate del 1936, alla notizia del tentato golpe dei generali, l’anarchico calabrese si precipita in Spagna, Paese che conosce bene e di cui parla la lingua, retaggio delle precedenti esperienze argentine. In virtù di questa e di altre caratteristiche, egli assume all’interno della comunità italiana locale un ruolo di primissimo piano, che spesso ne trascende i confini per spaziare nel più ampio milieu anarcosindacalista iberico. Diventa stretto collaboratore del dirigente della CNT Vicente Gil “Portela” nelle attività di controspionaggio, che gli permettono tra l’altro di intaccare, anche se non di neutralizzare, la fitta rete di confidenti della polizia di Roma annidati nelle fila del movimento antifascista.
In questi mesi avvia anche un rapporto di proficua collaborazione e stima reciproca con il libertario lodigiano Camillo Berneri, con il quale condivide, oltre all’abitazione, anche il destino: il 5 maggio 1937 i due amici vengono infatti prelevati nel loro appartamento da un drappello di uomini armati e più tardi assassinati a sangue freddo e abbandonati nottetempo nelle vie del capoluogo catalano.