Nato ufficialmente in Italia il 23 marzo 1919, il fascismo trovò ben presto estimatori ed imitatori in tutta Europa, affascinati dal suo acceso carattere antibolscevico, dalla retorica antidemocratica e dal culto dell’azione e della violenza. I movimenti politici che, nel periodo tra le due guerre mondiali, si richiamarono in maniera diretta o indiretta a tale ideologia possono, indicativamente, essere divisi in quattro grandi categorie:
- quelli che giunsero al potere per vie legali, instaurando successivamente dittature di stampo organicamente fascista (il campo appare ristretto all’Italia e alla Germania nazionalsocialista);
- i movimenti che costituirono un rilevante puntello ideologico a sostegno di regimi militari ai quali essi stessi risultarono, tuttavia, completamente subordinati (a titolo di esempio si possono citare la Spagna e la Romania);
- quelli in cui tale fenomeno, pur dotato di un seguito non indifferente, rimase sempre ampiamente minoritario, senza mai arrivare a costituire una diretta minaccia alla stabilità dell’ordinamento statale (come nel Regno Unito, in Irlanda e in Svezia);
- quelli in cui le forze fasciste o para-fasciste, confinate in una dimensione marginale sino allo scoppio del secondo conflitto mondiale, acquisirono invece un’importanza variabile, ma comunque notevole in seguito alla sconfitta e all’occupazione dei rispettivi Paesi, ad opera delle truppe tedesche (Francia, Belgio, Paesi Bassi, Norvegia, Ungheria, Croazia, Repubbliche baltiche ed Ucraina rappresentano a questo proposito gli esempi più eclatanti).
L’esigenza di contrastare l’aggressività dell’ondata reazionaria che minacciava di travolgere l’intero continente fu, d’altra parte, all’origine del progressivo e speculare sviluppo della dimensione transnazionale dell’antifascismo che, sorto principalmente in Italia, si diffuse inizialmente in Francia, sulla scia dell’esilio forzato al di là delle Alpi di migliaia di perseguitati politici italiani, ed in seguito si estese al resto dell’Europa, man mano che la minaccia alle recenti conquiste democratiche iniziava ad assumere un carattere sistemico. Banco di prova fondamentale per l’antifascismo militante fu la guerra di Spagna, che fu testimone dell’afflusso di migliaia di volontari stranieri accorsi a difendere – armi alla mano – la giovane Repubblica, minacciata da una sedizione militare sostenuta da Hitler e Mussolini.
La grande mobilitazione non riuscì ad impedire che la lotta in terra iberica si concludesse con una cocente sconfitta; nondimeno, il movimento antifascista seppe trarre da questa esperienza, preziosi insegnamenti tanto politici quanto militari, che tornarono utili al momento di coadiuvare le forze regolari (quando non addirittura di sostituirsi ad esse, come nel caso della Jugoslavia) e le truppe alleate nelle campagne di liberazione nazionale, che portarono nel 1945 alla definitiva sconfitta del nazismo e del fascismo.