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di Daniela Di Dio

La testimonianza di un medico catanese che lavora con i migranti

Io sono un medico ed ho giurato.

Ho giurato che avrei messo la mia scienza e la mia coscienza a disposizione di tutti coloro che ne avessero avuto bisogno, così come ha prescritto il mio antico e saggio Maestro Ippocrate.

Il mio non è un lavoro, ma uno stato dell’anima o così mi piace pensare.

Con questo spirito collaboro con una associazione nazionale, la LILA ( Lega Italiana Lotta AIDS ) in un suo progetto pro-migrantes sostenuto dall’UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ); il progetto si occupa di informare ed assistere, da un punto di vista medico e psicologico, la gente migrante circa la prevenzione ed il trattatamento delle malattie infettive sessualmente trasmesse.

Questa esperienza mi ha portato ad incontrare, ancora di più e meglio, un consistente numero di persone migranti di sesso ed età differenti: dai piccoli bambini, nati in Italia o durante il viaggio, spesso frutto di violenza esercitata sulle loro madri nei “sicuri” centri di raccolta della Libia, con la quale, sia il precedente che l’attuale governo, hanno stretto accordi; ai minori non accompagnati, partiti dalle loro case per volere di tutta la famiglia e spesso dell’intero villaggio, armati solo dei loro giovani anni e caricati di una enorme responsabilità, costretti a “crescere” troppo in fretta tra violenze e fatiche enormi; alle donne, coraggiose, doppiamente vittime, ma ostinate e quasi sempre più forti di quanto sia lecito chiedere ad un essere umano a dispetto di tutto; alle famiglie, disorientate, sottoposte a privazioni e perdite che per molti di noi sarebbero insostenibili eppure salde nel loro intento di vita comune più equa e sicura; fino ad arrivare a persone particolarmente avanti negli anni che mai, posso testimoniarlo, avrebbero immaginato di attraversare i continenti!

La cattiva politica che governa buona parte dei paesi occidentali, ci narra di “invasioni” e sostituzioni culturali, di pericoli di perdita identitaria e scivolamento all’indietro nei diritti umani a causa del fenomeno migratorio, tacendo due fondamentali verità: la prima che le migrazioni appartengono alla normale storia dell’umanità e che non sono mai state fermate, ma solo ritardate o temporaneamente contenute spesso pagando un notevole tributo di sangue, la seconda che la maggioranza assoluta delle persone che lasciano i loro paesi, anche in questo momento storico, rimangono ammassate ai confini con nazioni limitrofe e non tentano neppure di raggiungere altri continenti.

Il numero di migranti che incontriamo nelle nostre città è una percentuale minima rispetto alla reale spinta migratoria e segnatamente noi italiani sopportiamo un carico davvero poco rilevante rispetto ad altri paesi europei quali l’Inghilterra o la Germania e se guardiamo, poi, al numero di abitanti anche e soprattutto rispetto a nazioni come la Svezia o la Croazia; nel nostro paese la percentuale di immigrati è pari al 7% della popolazione (dati Eurostat 2017) al contrario l’Italia risulta essere il paese della UE che, come sentimento popolare, maggiormente sovrastima la presenza di immigrati sul suolo nazionale, giudicandoli il 18% in più del dato reale! (analisi dell’ist. Cattaneo). Il dato preoccupante che si abbina direttamente a questa percezione gonfiata è la convinzione, molto diffusa, che la sola presenza degli immigrati peggiori lo stato della criminalità e abbassi le opportunità di lavoro per gli autoctoni, da ciò deriva che l’Italia si conferma essere il paese che più si colloca in posizione estrema per il maggior livello di ostilità verso immigrazione e minoranze religiose……

Eppure sappiamo tutti che a migrare non sono solo senegalesi o pakistani, migrano anche e tanto gli italiani, solo che per questi ultimi si parla di migrazione “intellettuale” o di bisogno di raggiungere uno status migliore riconoscendo implicitamente per loro ciò che neghiamo agli altri e cioè: il diritto al libero movimento e al miglioramento della propria condizione di vita.

La diffidenza, se non addirittura l’ostilità nei confronti dei migranti, registrata dai vari studi e ricerche, l’ho verificata e toccata amaramente con mano nella nutrita gamma di sentimenti contrari che mi sono stati manifestati contro l’attività che svolgo e verso i soggetti che tento di tutelare; si va dalla “semplice” perplessità o preoccupazione circa non ben definiti pericoli ai quali potrei andare incontro (malattie, violenze ecc), si prosegue con critiche ironiche e saccenti del tipo “tutta fatica persa” o “poi vincono loro e tu sarai la prima a cui metteranno il burqa”, fino ad arrivare alla franca ostilità fatta di accuse infamanti quanto stupide come: “questo è favoreggiamento della tratta”, ” li illudete di trovare qui l’America”, “sei una buonista radical chic”, “i soliti comunisti coi soldi” (sic!), “ci speculate perchè vi pagano per questo”, “perchè non ti occupi dei VERI bisognosi del tuo paese invece che di questi?” autentiche banalità farcite di abbondante cattiveria.

Queste voci, un tempo più timorose e nascoste, crescono e si nutrono a vicenda grazie ad un vero e proprio cambio epocale in atto massimamente dovuto al fatto che i sistemi di produzione, basati sullo sfruttamento indiscriminato e miope delle risorse del pianeta, stanno mostrando il loro limite; la mancanza di uniformità ed equità nella ripartizione dei beni prodotti, ha creato divari enormi e sacche di povertà estrema, aggravate dalle guerre e dalle politiche di supremazia economica con tutte le violenze ad esse connesse.

Questo stato delle cose, produce insicurezza, povertà, precarietà, mancanza di libertà ed in conseguenza flussi di persone che migrano in cerca di meglio; non è possibile che la risposta a tale fenomeno sia la chiusura e l’arroccamento su politiche sovraniste e francamente liberticide o su impoverimento culturale ed umano! Occorre, piuttosto, esercitare massicciamente la capacità di comprendere i fenomeni agendo sulle cause, piuttosto che sugli effetti e contemporaneamente considerare il meticciato come una opportunità, una ricchezza e non una jattura!

La guerra tra poveri è il capolavoro dei potenti, distrae e sposta l’attenzione su falsi problemi.

C’è invece una cultura non scritta che passa attraverso i comportamenti positivi ed inclusivi, di cui abbiamo prove financo qui in Italia (vedi casi come i paesi di Riace in Calabria o di Pettinegro in Piemonte) che è l’unica che potrà garantire il superamento delle crisi insite in ogni cambiamento.

C’è un mondo possibile in cui credere che passa attraverso la conoscenza, la solidarietà, il riconoscimento umano ed è il mondo che ci piace.

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