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Arturo Tuveri nacque a Guspini il 25 settembre 1907 da Michelino e da Pabis Enerina. All’epoca dell’arresto viveva con la moglie Usai Vitalina e con la figlia Enedina.

Il Tuveri, il giorno 8 agosto 1941, venne tratto in arresto nel suo luogo di lavoro, presso lo stabilimento “Società Italpiombo” di San Gavino Monreale in cui prestava servizio dal 4 febbraio 1931 (in precedenza egli era occupato presso la miniera di Montevecchio) con la qualifica di “operaio meccanico specializzato”, a seguito della delazione di un suo collega che lo aveva denunciato ai Reali Carabinieri del paese con l’accusa di aver esclamato frasi ingiuriose contro la famiglia di Mussolini davanti ad altri due operai. I tre, interrogati separatamente dai militi, confermarono la versione dei fatti. Arturo Tuveri fu immediatamente tratto in arresto dai Carabinieri di San Gavino che lo sottoposero a primo interrogatorio. Il Tuveri respingeva le accuse, sostenendo di aver parlato con due suoi colleghi, durante il percorso Guspini- San Gavino Monreale, ma che non si era assolutamente espresso in modo offensivo né verso il Duce né verso la famiglia dello stesso.

Furono sottoposti a secondo esame anche i suoi colleghi operai che orgogliosamente confermarono la loro versione dei fatti già in precedenza rilasciata, certi di aver svolto il loro dovere di cittadini rispettosi del regime. Durante quel periodo infatti la delazione era un comportamento ritenuto congruo in quanto rivolto a mantenere integra e sana la società fascista e perciò si denunciava non in modo anonimo ma con tutte le proprie generalità, anche se spesso vi erano degli incentivi anche economici alla delazione. Comunque Augusto Tuveri, all’insaputa della propria famiglia che non vide rientrare alla solita ora il proprio congiunto a casa e che non aveva nessuna informazione, dalla cella di sicurezza della locale caserma, venne poi trasferito presso il carcere di Cagliari ove, il giorno 18 agosto ‘41, fu sottoposto a visita medica dal medico chirurgo del penitenziario per verificare se le sue condizioni di salute potessero sopportare il regime di confino. La visita diede esito positivo. In prigione egli vi rimase sino al 7 novembre 1941. Il giorno successivo fu tradotto a Bultei, piccolo centro montano della provincia di Sassari, per scontare la sua pena di due anni al  confino di polizia, “dove fu sottoposto a rigorosa sorveglianza”. Condanna inflittagli dalla Commissione Provinciale per i Provvedimenti di Polizia nella seduta del 23 settembre ’41.

Ciò accadde per volere dell’allora Prefetto di Cagliari che in data 16 settembre così appunto si espresse, anche a seguito di una comunicazione proveniente dalla Questura del capoluogo sardo, che allegava un dettagliato rapporto stilato dal maggiore comandante il Gruppo dei Carabinieri di Cagliari, in cui si dipingeva il Tuveri come “Persona politicamente pericolosa per aver avuto cattiva condotta politica. Ha sempre professato idee socialcomuniste. Appartiene a famiglia di sentimenti sovversivi giacché sia il padre che uno zio professano idee socialiste”. Inoltre nel rapporto si riportavano le dichiarazioni dei delatori che gli comportavano l’accusa di “Oltraggio al Duce”.

Infine si rimarcava che “Il Tuveri non ha mai chiesto l’iscrizione al PNF e persisteva nelle idee antifasciste”. La Commissione come su riportato gli comminò due anni di confino presso il comune di Bultei “giacché essendo in guerra si sarebbero riscontrate difficoltà nella traduzione in Continente del pericoloso disfattista”.

Arturo Tuveri produsse ricorso avverso l’assegnazione al confino entro i dieci giorni previsti dalla legge e, la Commissione deputata, nella seduta del 6 maggio 1942, accolse parzialmente il ricorso riducendo da due ad un anno il periodo di confino, tramutando in Ammonizione il restante periodo del confino.

In data 16 aprile del 1942 venne autorizzato a far sì che la sua famiglia potesse riunirsi a Bultei cosa alla quale non si diede corso in quanto subito dopo ricevette la positiva comunicazione della Commissione d’Appello succitata   e pertanto in data 31 maggio 1942 fu rimpatriato alla volta di Cagliari per poi fare definitivamente rientro presso la propria famiglia in Guspini.

Lorenzo Di Biase

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